Amore e Problemi di Coppia: consulenza individuale o di coppia?

Problemi di coppia
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AMORE E PROBLEMI DI COPPIA. SEDUTE INDIVIDUALI SUL TEMA DELL’AMORE DI COPPIA.

“Amore” e “coppia” risultano spesso essere “temi centrali” anche nelle sedute fatte “individualmente”. Sia con persone single, sia con persone che sono in una relazione di coppia ma che o non se la sentono di chiedere al partner di fare delle sedute insieme oppure il cui partner non è disponibile a farle.

Le varianti su questi temi possono essere poi molte e diverse: ad esempio la difficoltà a trovare la persona che si vorrebbe, l’amore di coppia che si desidera o si idealizza ma che non si riesce a trovare nella realtà. O le difficoltà che si sono incontrate e si incontrano ogni volta che si è provato a stare in coppia.  O l’amore che c’era e non c’è più. O una relazione che non si riesce a lasciare alle spalle. O l’attuale relazione di coppia che non è come si vorrebbe. E così via.

 

TERAPIA DI COPPIA: SE IL PARTNER NON VUOLE FARE DELLE SEDUTE?

Più entrambi i partner sono disponibili a partecipare a sedute di coppia e più sono motivati a mettersi in gioco per sbloccare l’empasse disfunzionale in cui la relazione si è incagliata e maggiore è la probabilità che la coppia riesca a ricreare un nuovo equilibrio con dinamiche più soddisfacenti e funzionali.

Se, per vari motivi, il partner non è disponibile a partecipare a delle sedute di consulenza di coppia, può essere comunque una buona cosa per l’altro fare delle sedute “individuali”. Queste solitamente permettono alla persona di prendere più consapevolezza di cosa è avvenuto nella coppia nel corso del tempo e di cosa sta avvenendo ora nelle dinamiche attuali. E più coscienza di come “ci sta” psico-emotivamente in tutto ciò.  Questo permette di poterlo meglio “elaborare” interiormente, ad un livello psico-emozionale-corporeo,  e consente di imparare a “saperlo meglio gestire” nel rapportarsi con l’altro.

 

IDEE, IDEALIZZAZIONI, CONVINZIONI PERSONALI SULL’AMORE E SULLA SESSUALITA’

Risulta importante esplorare insieme idee e idealizzazioni che la persona ha sull’amore di coppia e sulla sessualità. E’ importante che la persona prenda piena coscienza dei propri pre-supposti, delle proprie idee, dei desideri e delle aspettative, soddisfatte o meno. E del conseguente vissuto interiore, mentale ed emotivo. Anche appunto  relativamente agli aspetti sessuali (sintonia e complicità erotica, intesa sessuale, …) vissuti come soddisfacenti o come problematici. Questi sono aspetti che rivestono un ruolo solitamente importante nella relazione e che emergono quasi sempre nel parlare della “coppia”.

 

OBIETTIVI DELLA TERAPIA DI COPPIA

Sono disponibile a comprendere qual è il punto di vista e il vissuto dell’altro?  Sono veramente disponibile a voler migliorare il rapporto? Sto avendo un atteggiamento che mira effettivamente a farlo? O sono in un atteggiamento che preclude la possibilità di migliorarlo? Non credo più nella possibilità che il rapporto possa funzionare? Ho già deciso dentro di me che sono stanco e voglio separarmi? …

Queste e altre domande possono portare a utili riflessioni che possono sbloccare una situazione di impasse che rende il rapporto insoddisfacente, magari per entrambi.

 

LA CONSULENZA/TERAPIA DI COPPIA E’ IN OGNI CASO UN VIAGGIO DENTRO SE STESSI, ALLA RICERCA DI UN MAGGIOR EQUILIBRIO PERSONALE CHE POSSA FACILITARE LE DINAMICHE NELLA RELAZIONE

Dinamiche relazionali conflittuali, irrisolte, risentimenti, tensioni mettono a dura prova la vita a due e possono trasformare il rapporto in “un posto dove veramente ci si vive male”. Tuttavia ciò non significa essere destinati alla separazione oppure condannati a continuare così per una vita finchè morte non ci separi.

Fare un percorso di consulenza/terapia di coppia permette solitamente una migliore elaborazione personale di ciò che sta succedendo “fuori e dentro di sé” e “fuori e dentro l’altro”. Permette una maggiore comprensione e chiarezza, ed un maggior equilibrio, che sono fondamentali per muoversi nel miglior modo possibile nella relazione, soprattutto quando questa è un pò in crisi.

Le motivazioni alla base di queste dinamiche conflittuali  possono essere molto diverse e possono variare anche relativamente al fatto che la coppia sia “giovane” o di “lunga data”.

 

SOPRATTUTTO SE  LA COPPIA E’ DI “LUNGA DATA” E’ UTILE AVER CHIARO  LA CRONOSTORIA DEI SENTIMENTI E DEI RISPETTIVI FATTORI CARATTERIALI IN GIOCO

Nelle “coppie di lunga data” può accadere che siano una mancanza di confronto e di intimità ad aver alimentato nel corso del tempo una “prospettiva dell’altro“ molto diversa e peggiorativa rispetto a prima.

E ciò abbia portato via via ad un “raffreddamento emotivo” e ad una “gelida distanza”.  Arrivando a sviluppare sentimenti spiacevoli nei confronti dell’altro.

Soprattutto nelle coppie di lunga data, è buona cosa quindi avere piena coscienza della “cronostoria” di come si sono formati e “trasformati” i sentimenti verso il partner e di come sono “cambiati” nel tempo.

 

I sentimenti non vanno confusi con le emozioni che si sentono in un preciso istante.

I “senti-menti” , lo dice un po’ la parola, si formano via via attraverso una sorta di  “circolo” in cui la persona – più o meno influenzata dai propri  presupposti mentali –  “sente, magari in più momenti, emozioni” per un qualcuno/qualcosa e “le mentalizza” in una certa idea-prospettiva relativamente a quel qualcuno/qualcosa. E poi questa “prospettiva” diventa “il presupposto-pregiudizio” con cui guarda quel qualcuno/qualcosa e “ciò’ inevitabilmente influenzerà ciò che sente” e di conseguenza l’atteggiamento-comportamento verso quel qualcuno/qualcosa . E così via, rafforzando appunto un senti-mento; spiacevole o piacevole.

Va inoltre sottolineato che, come tutto in natura, anche le persone nel tempo cambiano. E aspetti caratteriali – a volte anche “esagerazioni” – di ciascuno dei due partner che prima si “incastravano” bene e facevano funzionare la coppia, nel tempo possono diventare fattori disfunzionali. Un esempio concreto? Una coppia che venne in terapia la cui storia era che nei primi anni la relazione “funzionava bene” in quanto l’atteggiamento caratteriale di uno dei due partner di voler “guidare” la coppia si “sposava” bene con l’atteggiamento “accondiscendente-dipendente”  che caratterizzava l’altro. Era quindi, in questo caso, una esagerazione da una parte che si “incastrava” bene con una esagerazione dall’altra parte. Nel tempo uno dei due partner aveva trovato via via un maggior “equilibrio” personale, era meno “sbilanciato”, ed era sempre “meno nella sua esagerazione”. Ma l’altro partner non era stato disponibile, nel tempo, a “cambiare insieme”, a mettersi in gioco,  in questo nuovo equilibrio di coppia, e anzi si era ancor più irrigidito nel suo “fattore caratteriale”. Il che aveva portato la coppia a dinamiche disfunzionali, a sentimenti spiacevoli l’uno verso l’altro, ad allontanarsi.

Nelle storie di lunga data, anche in quelle in cui la relazione non è più soddisfacente da molto tempo, sia prendere una decisione di “provare a fare qualcosa per il rapporto”, come ad esempio una terapia di coppia, sia decidere di separarsi non è facile.

Ciò perché – come solitamente facciamo in ogni ambito della nostra vita – anche nell’ambito del rapporto di coppia tendiamo ad assestarci nell’abitudine. Nella routine, nel “conosciuto”, che magari non ci soddisfa ma che non comporta cambiamenti scomodi da affrontare e/o eventuali incognite che magari possono spaventare.

 

METTERSI IN DISCUSSIONE ED IN GIOCO IN UNA MODALITA’ DIVERSA

Il rischio è quindi quello di “diventare schiavo” dei propri abituali schemi mentali e della propria “comfort zone”. Anche quando la propria zona di comfort è da tempo insoddisfacente, spiacevole, la persona ha difficoltà a “spostarsi” da questa “abitudinarietà conosciuta”. Quando ci si arriva a stancare di questo vissuto di insoddisfazione e si entra più in “crisi”, può rappresentare l’occasione per “mettersi in discussione ed in gioco in una modalità diversa”. Questo non significa fare necessariamente grandi cambiamenti nella propria realtà “esterna” ma fare passi interni di crescita: prendere più coscienza di sé e della situazione, mettere in atto piccole sfumature diverse in qualche atteggiamento. E le sfumature nel corso di poco tempo fanno differenza.

Avendo ben presente che per ciascuno di noi risulta sempre inizialmente un pò scomodo fare qualcosa di diverso dal solito, e che solo in un secondo tempo arriva la soddisf-azione. L’essere soddisfatti di sé, dell’atteggiamento avuto, del coraggio avuto, nello stare in qualcosa che si vedeva come scomodo o preoccupante-spaventoso. E che fino a quel momento si era evitato per comodità, pigrizia, o per le idee che ci si era fatti che auto incutevano timore.

 

SOPRATTUTTO SE  LA COPPIA E’ “GIOVANE” E’ UTILE AVER CHIARO DI NON POTER DELEGARE AL PARTNER LA SODDISFAZIONE DEI PROPRI BISOGNI PROFONDI

A volte il cercare nella relazione di coppia “l’anima gemella” o “l’altra metà della mela” viene scambiato col cercare di colmare i propri bisogni o di corrispondere alle proprie idee e idealizzazioni. Attenzione, dimenticare che ognuno di noi deve interrogarsi su di sé, sulla gestione della propria vita nei vari ambiti compreso quello di coppia, costituisce una minaccia per la felicità individuale e di coppia. In quanto dimentica una regola basilare: ogni essere umano costituisce un universo a sé e ciascuno di noi per primo ha bisogno di imparare a prendersi cura del proprio mondo interiore. Diversamente il rischio è di delegare agli altri la possibilità di essere felici.

Le ferite più profonde sono dentro ciascuno di noi e spesso sono relative ai cosiddetti “traumi dell’attaccamento” avuti nella relazione con i genitori, più spesso con la madre essendo la figura di riferimento con cui il bambino passa solitamente più tempo in tenera età. I traumi psicoemozionali dell’attaccamento possono riguardare specifici eventi, episodi traumatici evidenti, o anche esperienze molto meno evidenti ma che si ripetevano come consuetudine.  Ad esempio bisogni “non soddisfatti” in quel lontano passato, quando eravamo bambini, che ci siamo trascinati dentro di noi e che tutt’ora ci stanno ancora condizionando. E ciò proprio perché non ne siamo pienamente consapevoli. Anzi spesso, in prima battuta, alla persona razionalmente sembra quasi impossibile che quelle vecchie esperienze possano oggi influenzarla.

Gli effetti di quelle precoci esperienze vengono come “accantonati” dentro di noi e riaffiorano di fronte a certe situazioni influenzandoci in qualche modo.

Volendo fare un esempio, un “bisogno insoddisfatto” potrebbe riguardare un bisogno di  “considerazione” mai ricevuta dai genitori, che potrebbe avere innescato nel tempo dinamiche interne ed esterne di vario genere. Potrebbe ad esempio aver creato effetti  interni come una profonda “sfiducia in se stessi” e un senso di “non essere all’altezza”; ed atteggiamenti esterni basati su un “controllo di sé e della situazione” e su un “senso del dovere”, finalizzati a di-mostrare un “comportamento adeguato” nel tentativo di poter avere cosi l’attenzione, la considerazione, il riconoscimento o l’approvazione dell’altro. Del genitore prima e delle future relazioni successivamente. Sono dinamiche che – proprio perché reiterate nel tempo – creano “esagerazioni” di vario tipo: ad esempio la persona potrebbe diventare troppo “etero diretta”, cioè nel suo comportamento potrebbe dare troppo peso alla “rel-azione”, mettendo sempre in secondo piano un possibile “comportamento basato sui propri bisogni e sul proprio sentire individuale”. Perdendo in tal modo un naturale equilibrio che comprenda “anche le polarità opposte”, (che in questo esempio sono quelle …)  di  “individu-azione”, di un “buon contatto con sé”. E a volte creando una sorta di “dipendenza dalla relazione” (senza la quale faccio fatica a orientare la mia azione, e quasi a sapere chi sono e cosa voglio) e un’idea falsata dello “stare da soli” che viene temuto ed evitato perchè interpretato attraverso un pre-supposto negativo che lo fa percepire come “solitudine” e “disorientamento”.

E’ quindi sano per il proprio equilibrio, per la propria serenità, e per il benessere nel rapporto con l’altro, fare un percorso di consapevolezza rispetto a questi aspetti, in modo da ri-elaborarli e integrarli in un equilibrio personale – ancora prima che relazionale – appunto più funzionale e soddisfacente.

Nel caso di questo esempio “allargare” la percezione della “paura della solitudine” alla “capacità di stare in compagnia di se stessi” diventa l’apertura a possibilità e a un percorso di sano cambiamento, nelle relazioni, nella vita di coppia e all’interno della propria esistenza.

 

GIA’ NEI CORSI PRE-MATRIMONIALI / PRE-CONVIVENZA E NELLA CONSULENZA PRE-GENITORIALE VENGONO SOTTOLINEATE ALCUNE “BUONE REGOLE” CHE POSSONO FACILITARE LE COSE

Per affrontare meglio l’esperienza della convivenza e poi della genitorialità, la psicologia ha messo in risalto “regole” di sistemica familiare che sarebbe meglio tenere bene a mente e cercare di seguire. Nel lavoro con le coppie si è potuto notare che le crisi di coppia spesso nascono proprio da dinamiche relative a idee e presupposti “opposti” a quello che queste regole suggeriscono.

Qui mi limito ad accennare solo a due di queste “buone regole”, visto che spesso le tematiche di coppia portate in seduta si fondono e confondono con le tematiche della genitorialità e con quelle relative alle proprie famiglie di origine.

  • Quando la relazione si struttura in “una coppia”, quando si è prossimi alla convivenza, entrambi i partner dovrebbero prendere consapevolezza che il “nuovo nucleo”, la “nuova famiglia” composta dalla coppia, VIENE PRIMA della propria famiglia di origine. Ciò per evitare confusioni interne, nella propria percezione, ancora prima che esterne. Questa consapevolezza permette di delineare sani confini ed evitare future dinamiche disfunzionali che creano fraintendimenti e malumori nella coppia.
  • Quando i partner diventano genitori, dovrebbero prendere consapevolezza che “la coppia” VIENE PRIMA dei figli. E’ essenziale per preservare un buon rapporto di coppia e continuare ad avere una buona coesione anche nell’educazione del figlio. Il figlio, per il suo equilibrio e benessere, avrebbe la necessità di sentire i genitori uniti e coesi nel fargli arrivare una “unica” linea educativa decisa insieme come coppia; solitamente risulta anche più “equilibrata” perché le inevitabili esagerazioni caratteriali di ciascuno dei due partner viene in qualche modo “temperata” dall’altro. Molto più equilibrata rispetto a quelle situazioni in cui è solo uno dei due partner che tende a far valere la sua linea educativa applicando inconsapevolmente in toto le sue esagerazioni (ad esempio potrebbe essere eccessivamente permissivo o viceversa rigido) mentre l’altro partner ha un po’ abdicato da questo ruolo educativo e referenziale per i figli. O rispetto a quelle situazioni in cui ciascun partner applica una sua personale linea educativa e in cui il figlio è bravissimo a rivolgersi a seconda di dove gli conviene ad un genitore piuttosto che all’altro. In queste ultime situazioni tra l’altro questi meccanismi si incuneano nella coppia contribuendo a creare spesso un allontanamento tra i due partner.